FONTANIVA
FONTANIVA
Oratorio di S. Maria
delle Grazie

L’Oratorio di Santa Maria delle Grazie, eretto intorno alla metà del XV secolo, è stato da sempre un luogo di devozione e di sosta per i viandanti.

L’edificio, di piccole dimensioni, è costituito da un unico ambiente a pianta rettangolare, coperto da un tetto rivestito da tegole. La facciata, dai caratteri tipici dell’architettura rinascimentale, è caratterizzata da due coppie di lesene rettangolari simmetriche, disposte ai lati della porta centrale. Al di sopra delle lesene poggianti su piedistalli lisci, è posto un architrave sormontato da un frontone triangolare.

Quest’ultimo, sorretto da due pilastri sporgenti alle estremità della facciata, è dipinto con un fiore stilizzato a cinque petali, collocato al di sotto di una corona di ferro.

Al centro della facciata si apre la porta d’ingresso ad arco a tutto sesto, al di sopra del quale è ricavata una finestrella di forma ottogonale, simbolo di resurrezione. Nello spazio fra le lesene sono presenti due fori circolari dai quali i viandanti potevano scorgere l’interno ed esprimere la loro devozione lasciando anche elemosine.

Il campanile a vela, probabilmente aggiunto in epoca posteriore nel 1637, si innalza sulla sommità sinistra della facciata. Le due piccole celle campanarie, separate da due pilastrini sormontati da archi a tutto sesto, sono sovrastate da un timpano triangolare, ricoperto da un tettuccio di tegole.

AFFRESCHI

La piccola sala dell’Oratorio presenta un altare su cui è posta un’edicola formata da colonnine e timpano semicircolare. La statua della Madonna collocata sull’altare, nasconde in parte l’antichissimo affresco sul muro di fondo riproducente la Madonna delle Grazie seduta in trono con Gesù Bambino, fra i Santi Sebastiano e Rocco.

La Vergine sorregge con la mano sinistra una mela che viene osservata con attenzione dal Bambino, raffigurato nudo in piedi sulle sue gambe. San Sebastiano sulla sinistra, ha il corpo trafitto dalle frecce, mentre San Rocco a destra col bastone del pellegrino, fa vedere la piaga della peste sulla gamba.

Nella parte inferiore del dipinto è presente la scritta “Questa opera a fatta fare S Tonio e i fra dei Tonioli 1444 adì II marzo”. Il nome “S Tonio” presente nell’iscrizione, si riferisce ad Antonio Ovetari, la cui famiglia possedeva nel ‘400 diverse proprietà a Cittadella e a San Giorgio in Brenta, fra cui l’Oratorio in oggetto, passato successivamente alla famiglia Borromeo nel 1512.

Antonio Ovetari è lo stesso che dispose nel testamento di affrescare la cappella di famiglia presso la Chiesa degli Eremitani di Sant’ Agostino a Padova e l’incarico fu dato a  quattro pittori fra cui Andrea Mantegna, nato ad Isola di Carturo, distante solo pochi chilometri dall’Oratorio. Si può quindi ipotizzare che la famiglia Ovetari avesse in precedenza commissionato all’artista, all’epoca tredicenne, la decorazione dell’Oratorio di Santa Maria delle Grazie. Le imprecisioni nelle proporzioni dei corpi dei personaggi rappresentati sull’affresco, rivelano un autore ancora giovane e non pienamente formato, anche se si notano alcuni particolari precisi e raffinati tipici dell’arte classica soprattutto nell’esecuzione del trono.

Ai lati dell’altare si trovano due affreschi, opera di autore ignoto, eseguiti nella seconda metà del XVII secolo. A sinistra, è dipinto S. Carlo Borromeo in preghiera, mentre a destra si può osservare una raffigurazione di Sant’Antonio col Bambino Gesù. Alla base dell’altare, all’interno di un ovale di stile barocco, si osserva  la figura di San Pietro che tiene in mano le chiavi della Chiesa.

Antonio Ovetari

La famiglia Ovetari disponeva nel ‘400 di numerose proprietà a Cittadella ed a San Giorgio in Brenta, fra cui l’Oratorio di Santa Maria delle Grazie. L’ultimo erede maschio della famiglia, il notaio Antonio Ovetari, commissionò nel 1444 l’affresco sulla parete di fondo dell’Oratorio, raffigurante la Madonna delle Grazie seduta in trono con in braccio il Gesù Bambino.

Per l’opera è stata proposta l’attribuzione all’allora tredicenne Andrea Mantegna, nato il 1431 nella vicina Isola di Carturo, oggi Isola Mantegna e morto a Mantova il 13 settembre 1506. Il Mantegna si formò a Padova presso la bottega del pittore Francesco Squarcione, da cui apprese l’uso della prospettiva e la cultura antiquaria per poi diventare uno dei pittori più importanti del Rinascimento.

Antonio Ovetari alla sua morte dispose nel testamento di affrescare la Cappella di famiglia e dipingere una pala d’altare presso la Chiesa degli Eremitani a Padova. La vedova Imperatrice Capodilista incaricò un gruppo di pittori, i noti maestri Giovanni d’Alemagna e Antonio Vivarini e due giovani pittori padovani Nicolo Pizzolo ed Andrea Mantegna.

L’opera, dedicata ai Santi Giacomo e Cristoforo, iniziò nel 1448, ma fu il  solo Andrea Mantegna a portarla a compimento in quanto l’Alemagna morì nel 1450, il Vivarini rinunciò all’incarico ed il Pizzolo fu assassinato nel 1453.

La conclusione del ciclo pittorico avvenne nel 1457, non senza strascichi poichè la committente citò in tribunale il pittore per aver eseguito solo otto apostoli nel particolare dell’ Assunzione, contravvenendo all’incarico di rappresentarne invece tutti e dodici.

La ragioni del Mantegna prevalsero, il perfetto equilibrio dello schema compositivo portava alla raffigurazione di solo otto figure.

L’11 marzo del 1944, la cappella fu in parte distrutta in seguito ad un bombardamento e il ciclo di affreschi andò quasi completamente perduto. Alcuni frammenti furono recuperati e parzialmente ricomposti con un minuzioso restauro, mentre rimasero indenni solo dei riquadri che erano stati staccati dalle pareti nel 1865, raffiguranti gli ultimi due episodi della vita di San Cristoforo e l’Assunzione della Vergine. L’intero ciclo è documentato da foto antecedenti al 1944, che permettono di ammirare nella sua completezza il primo importante ciclo pittorico rinascimentale del nord Italia.

 

San Carlo Borromeo

Secondo la tradizione San Carlo Borromeo nel 1562, durante una pausa dal Concilio di Trento, andò a trovare i parenti a San Giorgio in Brenta e si recò a pregare nell’Oratorio. Il Santo rimase turbato alla vista delle carni ignude del Bambin Gesù e pretese che fossero ricoperti il corpo del Bambino e il busto della Madonna con due abitini lavorati all’uncinetto. Dal 1582 i due vestitini furono applicati sopra le figure con dei chiodi e l’affresco rimase parzialmente ricoperto fino al 1984, quando fu sottoposto a restauro dopo la rimozione delle vesti.

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